utilizzassimo le risorse di un pianeta e mezzo. Nel 2030, mantenendo questi ritmi, avremo bisogno di due pianeti per soddisfare i nostri bisogni ma il problema è che di pianeta ne abbiamo solo uno, a meno che il pianeta Gliese 581g non sia davvero un gemello della Terra (e posto di riuscire a raggiungerlo). Nell’attesa di saper viaggiare alla velocità della luce per poter consumare senza criterio le risorse di tutta la galassia, il WWF propone una ricetta alternativa: controllare i consumi, riducendo l’impronta ecologica di ogni abitante. A tale scopo ha stilato il decalogo della Green Economy, pubblicato sul suo sito, nel quale si trovano indicazioni sulla necessità di investire nel capitale naturale, scegliere l’energia pulita e pianificare l’utilizzo del territorio. Con impronta ecologica si intende l’area necessaria per rigenerare le risorse utilizzate e assorbire i rifiuti; per non aver bisogno di pianeti supplementari da sfruttare bisognerebbe ridurre l’impronta a 1,8 ettari globali per abitante. In altre parole, le risorse di 1,8 ettari (mare e terra calcolati insieme) dovrebbero essere sufficienti per soddisfare i bisogni di una persona ed eliminare i suoi scarti. Per ora, le cose vanno molto diversamente: negli Emirati Arabi Uniti, per esempio, l’impronta ecologica è di 9,5 ettari (il che fa di quel Paese la nazione con l’impronta ecologica più pesante), mentre in Italia siamo a 4,15 ettari (situandoci al ventinovesimo posto). Per come vanno le cose adesso, si utilizzano le risorse presenti in una zona fino a esaurirle, e poi semplicemente ci si sposta in un’altra, seguendo lo stesso procedimento; buonsenso e difesa delle biodiversità vorrebbero che il consumo fosse fatto in maniera tale da permettere a dette risorse di rigenerarsi, senza azzerarle completamente. Ciò vale sia per l’abbattimento delle foreste o per la pesca, ma anche la cosiddetta impronta idrica (che riguarda il consumo di acqua) è in aumento costante. (Fonte CertineWs)