Un’accoppiata di rialzi che potrebbe far deragliare la fragile ripresa economica in atto. L’indice Fao, basato su un paniere composto da materie prime come grano, riso, carne, prodotti caseari e zucchero, a dicembre è balzato a ben 214,7 punti, in rialzo del 4,2% rispetto a novembre. Secondo Abdolreza Abbassian, capo economista alla Fao, la situazione è «allarmante». «Sarebbe da pazzi – afferma – credere che sia stato già raggiunto il picco massimo dei rialzi». Di fronte a questo scenario inquietante il rischio è che in molti Paesi in via di sviluppo si ripetano le rivolte sociali represse nel sangue per l’aumento dei prezzi del cibo come avvenne nel 2008 in Bangladesh e Haiti. Ma in pericolo ci sono anche i Paesi ricchi perché gli aumenti potrebbero colpire i prezzi al dettaglio di catene di fast food o società alimentari. Inoltre il rialzo dei prezzi alimentari farà aumentare l’inflazione importata in Eurolandia, che metterà nuova pressione sulla Bce. Se l’inflazione dovesse rialzare la testa in Europa, la Bce potrebbe dover alzare i tassi e allora sarebbero dolori per la debole ripresa in atto. Un eccesso di pessimismo? Forse, ma il balzo di dicembre dell’indice Fao dei prezzi dei prodotti alimentari ha superato il picco più alto registrato durante la crisi del 2008 nel mese di giugno quando l’indice dei prezzi volò a 213,5 punti. E questo è un fatto da cui non si può prescindere. (Fonte CertineWs)