Appalti, la qualità non è un ostacolo

Da ciò quindi la portata generale dell’avvalimento, introdotto nell’ordinamento comunitario e nazionale al fine di rimuovere ogni ostacolo al libero esercizio dell’imprenditorialità e garantire la massima partecipazione alle procedure di gara e la par condicio dei concorrenti. Per quel che attiene lo specifico profilo legato alla certificazione di qualità aziendale, la sentenza lo inquadra come «requisito speciale di carattere (pur sempre) tecnico-organizzativo», in quanto funzionale a garantire la stazione appaltante in fase esecutiva del contratto, rispetto alle modalità di gestione della struttura aziendale e alla sua efficacia sul processo operatore. Il Tar evidenzia come la certificazione di qualità è sempre intesa a garantire la (obiettiva) qualità dell’adempimento e non solo la (mera e soggettiva) idoneità professionale del concorrente pur sempre strumentale alla prima. I giudici quindi non aderiscono alla tesi giurisprudenziale per cui (una volta chiarito che l’avvalimento è la regola e le sue imitazioni le eccezioni) che la detta certificazione debba necessariamente far capo (salvo il riscontro di abusi e la doverosa verifica di effettività) unicamente al concorrente con conseguente impossibilità di ausilio per avvalimento.. Dal punto di vista operativo il soggetto che finirebbe per prestare la certificazione non dovrà imitarsi al prestito del solo «documento» contenente la  certificazione, ma sarà tenuto a mettere a disposizione del soggetto avvalente, «il complesso della propria organizzazione aziendale ovvero il complesso di beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa». I giudici ammettono quindi che, in questo caso, l’impresa concorrente possa assumere le vesti di un mero centro di imputazione di rapporti giuridici e limitare la sua attività al coordinamento delle prestazioni dell’impresa ausiliaria. Rimane ferma però la responsabilità di carattere solidale tra l’impresa concorrente e l’impresa ausiliaria. (fonte CertineWs)

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