«Possiamo suddividere i fatti relativi al disastro – spiega l’esperto – in due fasi: la fase precedente all’impatto della nave con lo scoglio e la fase di gestione dell’emergenza. È fin troppo chiaro che quest’ultima sia stata mal gestita, con un’improvvisazione inefficace. Non è questione di eroismo o di codardia, ma di organizzazione. In situazioni di impreparazione e di inadeguata comunicazione, il panico prende il sopravvento a prescindere dalle virtù individuali. L’abilità nel gestire una situazione critica dipende dalle strutture che sono state sviluppate prima che l’organizzazione si trovi nello stato di piena crisi. Per poter gestire una crisi, quindi, occorre aver imparato prima che essa si manifesti. Probabilmente il sistema della sicurezza della Costa Crociere condivideva la sindrome del Titanic: »la gravità con la quale un sistema sbaglia è direttamente proporzionale al credo del progettista che ciò non possa accadere«. In altre parole, se si ritiene che un evento non accadrà mai, perch‚ mettere in campo misure di rimedio costose e impegnative?». «Ma l’aspetto più rilevante – dice ancora Catino – attiene alle fasi che precedono il disastro. Come le ricerche sugli incidenti organizzativi hanno dimostrato, esiste un periodo di incubazione di un incidente durante il quale vi sono molti segnali che, se colti in tempo, possono evitare il successivo disastro. Il disastro della Concordia sembra essere stato causato da un errore umano durante una violazione di routine delle regole di prudenza marinaresca. La violazione di routine era la pratica dell’inchino, ovvero la deviazione di rotta per avvicinarsi alle coste. Un’irrinunciabile tradizione, così definita dal Sindaco del Giglio, per far piacere sia ai passeggeri (sul suo sito la Costa Crociere elogiava il comandante della Concordia per l’inchino all’isola di Procida), sia ai residenti sulla terraferma. Non era una pratica sconosciuta, tutt’altro. Invece di essere sanzionata, tale pratica veniva applaudita da chi vi partecipava. La stessa nave Concordia più volte si era avvicinata alla terraferma derogando dalla rotta prevista. Questa pratica portava ad una ‘normalizzazione della devianzà, dove il comportamento deviante pericoloso (l’avvicinamento sottocosta) diventava prassi comune e incentivata. In quella situazione, l’eccessiva ‘overconfidencè del comandante e del suo team, derivante dalle esperienze passate, assieme ad un qualsiasi imprevisto – guasto tecnico o errore umano – può dar luogo ad una situazione ingestibile e dalle conseguenze catastrofiche. Sono stati rilevati decine di avvicinamenti pericolosi, anche da parte di altre navi: dov’erano i controllori e i regolatori (Registro navale, Capitanerie di porto, enti locali, ecc.)? È importante notare che un comandante per far questo deve disattivare il sistema d’allarme sonoro e visivo che lo avvisa della variazione della rotta, con la complicit… degli altri membri presenti in plancia di comando. Era una violazione di routine certamente ben nota ai controllori e all’impresa di appartenenza, ma da questi tollerata se non talvolta elogiata». Infine, il prof. Catino evidenza un ultimo aspetto nel caso Concordia che attiene al sistema di comando. «Anche ammettendo che la causa di tutto sia il comandante, sorgono due dubbi di natura organizzativa. Il primo attiene alla selezione della persona da dieci anni al comando e del suo staff: chi li ha scelti? Quali erano i confini tra il livello personale e quello professionale? Erano previsti test psicoattitudinali e verifiche della loro capacità di gestione. Erano stati addestrati, attraverso la simulazione, a gestire un’emergenza? Come accade per i piloti civili e militari, ad esempio. Una seconda questione attiene alla catena di comando. È emerso chiaramente che si trattava di un sistema piramidale dove se il comandante sbaglia tutta l’organizzazione diventa vulnerabile. Ma questa è una regola organizzativa inadatta per guidare sistemi così complessi e a rischio. L’aeronautica militare italiana, ad esempio, funziona in altro modo. Durante le operazioni di volo, se un pilota si accorge di un qualcosa di cui il leader non è e a conoscenza, prende temporaneamente il comando per poi restituirlo quando il leader ha ripreso consapevolezza della situazione. In questo modo l’organizzazione è più efficace di fronte ad eventi inaspettati. Il contrario della nave Concordia – conclude – dove, a parte la tardiva risposta dell’ammutinamento, se il leader sbaglia o va nel panico, tutta l’organizzazione si distrugge». (Fonte CertineWs)