«Di certo fornisce una forte motivazione per ridurre il consumo di bevande dolcificate tra i pazienti, e cosa più importante, nella popolazione generale».
I ricercatori, che hanno studiato 42.883 uomini tra i 40 e i 75 anni, tutti operatori sanitari, all’interno dell’Health Professionals Follow-up Study, hanno scoperto che l’aumento del pericolo si manifesta anche dopo aver tenuto conto di altri fattori di rischio, tra cui fumo, pigrizia, uso di alcol e storia familiare di malattia cardiaca. Un minor consumo, invece – ovvero due volte a settimana, o due volte al mese – non aumenta il pericolo. I ricercatori hanno anche misurato diversi lipidi e proteine nel sangue, indicatori o biomarcatori di malattie cardiache. Fra questi, la proteina C-reattiva, i trigliceridi e il colesterolo buono (Hdl). Rispetto a chi non beve bibite dolci, i consumatori regolari hanno livelli di trigliceridi e proteina C-reattiva più alti e di Hdl più bassi. Dal gennaio 1986, e ogni due anni fino al dicembre 2008, i partecipanti hanno risposto a questionari sulle abitudini alimentari e di salute. Fornendo ai medici anche un campione di sangue a metà indagine. Il follow-up, concludono gli studiosi, è stato di 22 anni. (Fonte CertineWs)