“Urge una soluzione di carattere legislativo che, mettendo al riparo medici e strutture, aiuterebbe anche le Compagnie di Assicurazione sulle quali ricade l’obbligo di continuare – senza soluzione continuità – a tutelare i propri assicurati, anche in un periodo di fermo pressoché totale dell’economia italiana.”
Lo dichiara ad Adnkronos Gaetano Scuotto, Avvocato Cassazionista, Fiduciario di alcune tra le principali Compagnia Assicurative e difensore Aziende Sanitarie e medici nel commentare il dibattito politico in corso in queste ore, ed a fronte delle probabili, e da più parti già proclamate, azioni risarcitorie nei confronti di medici e strutture.
Scuotto è componente del Consiglio Direttivo della SSPL (Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali) Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, coautore del testo edito da Giuffrè “Responsabilità sanitaria e risk Management” di cui ha curato in esclusiva “La disciplina delle coperture assicurative delle strutture sanitarie e dei medici” e componente del comitato scientifico “Camera Arbitrale” istituita presso il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli per il quadriennio 2019-2022.
“La trasmissione- spiega Scuotto- del Covid-19 da paziente infetto ricoverato ad altro soggetto – non infetto – all’interno della stessa struttura, origine della cosiddetta natura endonosocomiale del virus, aprirà le porte a svariate azioni risarcitorie che, tutte, muoveranno dall’inadempimento del rapporto contrattuale o da “contatto sociale”.
L’inadempimento qualificato che i reclamanti potranno ricondurre alla Struttura, fonderà sul presupposto che la struttura sanitaria non abbia approntato le giuste cautele, necessarie ad evitare la trasmissione del virus, come ad esempio la mancata attivazione delle obbligatorie e necessarie procedure preventive di isolamento del paziente.
Richiamato il principio dell’inversione dell’onere della prova a carico della Struttura, quest’ultima sarà liberata qualora dimostri l’inevitabilità della diffusione del contagio, invocando il rispetto da parte del proprio personale delle linee guida, nonché delle buone prassi nella gestione dei ricoveri di pazienti con sintomi di malattie contagiose, e nello specifico di c.d. sintomi da Covid-19.
Alla miriade di azioni per responsabilità omissiva della struttura, e del personale medico in generale, non ci sarebbe eccezione di scopertura assicurativa che possa reggere, anche se l’evento pandemia non è, per sua natura, tra i classici, tipizzati e diffusi rischi assicurabili (ed assicurati), né tantomeno potrebbe essere considerata aggravamento del rischio.
La soluzione certamente non può essere rappresentata, come già a più voci proposto, dalla erogazione di un indennizzo fisso e predeterminato, perché con il tempo assisteremmo, impotenti, ad un negativo effetto di ritorno, consistente in una maxi azione di risarcimento o, ancor peggio, a singole azioni nei vari Tribunali d’Italia.
Per capire la portata negativa che ne potrebbe derivare, basti far riferimento alla legge 210/92 che, prevedendo un indennizzo per i soggetti trasfusi con sangue infetto, ed auspicando nel contempo una tacitazione di ogni pretesa, si è trasformata in un sicuro punto di partenza delle successive azioni risarcitorie per danni di origine contrattuale (nei confronti delle strutture) ed extracontrattuale (nei confronti del Ministero competente), volte ad ottenere – salvo compensatio lucri cum damno, decurtato cioè l’importo ottenuto a titolo indennitario – una ben più elevata somma a titolo risarcitorio.
Del resto non vi sarebbe motivo per non distinguere i due momenti: quello indennitario, che si realizza quando una determinata somma è versata, nei casi previsti dalla legge, laddove un comportamento autorizzato dall’ordinamento abbia comportato danni a terzi, e quello risarcitorio quando una determinata somma è versata da chiunque abbia subito, da altri, un danno ingiusto.
Né tantomeno- conclude Scuotto- si può pensare ad una norma che vieti ad un soggetto danneggiato di intraprendere una specifica azione giudiziaria a tutela dei suoi diritti, perché profili di incostituzionalità emergerebbero in tutto il loro splendore.
Auspicabile, quindi, sarebbe la costituzione di un fondo, distribuito su base regionale, a cui i soggetti portatori di interesse, possano accedere dopo un iter amministrativo snello e veloce: presentazione della domanda che verrà esaminata da una commissione regionale composta da 5 membri (Avvocato, Medico, alto Dirigente della Pubblica Amministrazione Regionale, Magistrato in pensione, nomina del Ministero della Salute). Tale commissione in caso di necessità, potrà anche chiedere la consulenza di un collegio medico legale (mutuando così quanto previsto per i giudizi di responsabilità sanitaria ex L. 24/17 – c.d. Gelli Bianco) composto da un medico legale e da uno specialista, e di un avvocato che si esprima in termini di nesso di eziologico.
Si potrebbe altresì prevedere per i soggetti infetti e poi guariti, una breve rivalutazione del periodo contributivo (pari approssimativamente ad un anno), tale da raggiungere anticipatamente l’età pensionabile.
L’effetto auspicato porterebbe ad un contenimento delle azioni giudiziarie e conseguenti costi, nonché a preservare la tenuta delle coperture assicurative in essere per le strutture e per i medici.”