La giustificazione di questi tempi dilazionati per l’effettiva eliminazione delle buste sarebbe da ricercare nella necessità di smaltire le scorte di shoppers a disposizione ancora copiose. La “vita” di questi sacchetti è veramente breve sebbene per produrli occorrono grandi quantità di petrolio. Secondo uno studio dell’Agenzia per l’Ambiente del governo australiano 1 Kg di sacchetti provoca emissioni di CO2 per circa 2.109 Kg. Riciclarli o recuperarli sarebbe una spesa davvero eccessiva. Le buste di plastica, inoltre, possono rimanere nell’ambiente prima didecomporsi almeno 200 anni. Le stesse buste poi finiscono in mare e vengono ingerite da uccelli e mammiferi marini, cetacei, che muoiono per soffocamento, per blocchi intestinali o per lesioni di varia natura. Secondo l’Unep (il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente) sono circa 100mila gli animali che si imbattono in questa morte. All’aspetto ambientale si aggiunge anche quello economico. Il costo del sacchetto di plastica, infatti, è di 5 centesimi l’uno. Nel caso in cui sono gratuiti, un costo minimo, attraverso i prezzi dei prodotti, viene comunque a ricadere sul consumatore. A questo punto l’alternativa sembra più che chiara. Insieme ai sacchetti di bioplastica riutilizzabili e alle buste di carta facilmente riciclabili sarebbe opportuno incentivare le sacche di tessuto in cotone, canapa o iuta. Meglio evitare sacche di cotone proveniente da coltivazione non biologica che magari contengono pesticidi. Secondo Legambiente “il 73% degli italiani ha manifestato l’intenzione di adoperare sportine riutilizzabili”, ma è necessario il coinvolgimento degli operatori commerciali. (Fonte CertineWs)