COMUNICATO STAMPA
DAL TITOLO AI VERBI GIUSTI:
ECCO IL DECALOGO DEL BUON COMUNICATORE
E’ rivolta alle organizzazioni sociali, alle aziende e agli enti la nuova norma che stabilisce le regole principali per comunicare in modo chiaro e comprensibile
Milano, 26 giugno 2013. Bando ad “aventi ad oggetto” o “conclusosi” o, ancora peggio, “la S.V.”. La buona comunicazione si fa con un linguaggio chiaro, moderno e che vada diritto allo scopo, che è quello di far comprendere il testo da divulgare.
Rendere efficace la comunicazione interna ed esterna di aziende, enti pubblici ed associazioni è ormai una necessità. La nuova norma UNI 11482, “Elementi strutturali ed aspetti linguistici delle comunicazioni scritte delle organizzazioni”, viene incontro proprio a questa esigenza, definendo poche e semplici regole per comunicare meglio e in modo utile. Redatta dal Gruppo di Lavoro Informazione tecnica, che fa parte della Commissione Documentazione e informazione..
Secondo Giovanni Acerboni (membro del gruppo di lavoro “Informazione tecnica” e relatore della norma UNI) “Il valore aggiunto delle prescrizioni e delle raccomandazioni è di contribuire a razionalizzare la comunicazione interna e quella tra organizzazioni, e di aggiornare i linguaggi tecnici rispetto all’italiano contemporaneo. Molti disguidi dei processi organizzativi sono infatti dovuti a regole e convenzioni non condivise su che cosa sia la qualità di un testo. Molte incomprensioni e rallentamenti operativi potranno essere evitati”.
Circolari, comunicati stampa, lettere ed e-mail, offerte commerciali, progetti, regolamenti interni, relazioni, schede di prodotti e servizi sono alcuni dei documenti ai quali può essere applicata la norma, con l’esclusione di leggi, documenti amministrativi, sentenze, pubblicazioni scientifiche e didattiche, articoli pubblicati su giornali e riviste.
Quali sono le regole da osservare per una buona ed efficace comunicazione? Si parte dal titolo che deve essere chiaro sull’argomento e con una lunghezza ideale di 8-10 parole. La norma definisce, inoltre, che cosa siano e a che cosa servano il frontespizio, l’indicazione dell’autore, il sottotitolo, i riferimenti di rintracciabilità e di validità (come date e codici di identificazione), l’executive summary (la sintesi delle informazioni più rilevanti), l’indice, il numero di pagine, le partizioni, gli allegati, il glossario.
Tra i formati “speciali” dei caratteri è bene limitarsi a grassetto e corsivo, mentre sono da evitare il sottolineato, il maiuscoletto e il “tutto maiuscolo”.
Per quanto riguarda la costruzione sintattica, la norma raccomanda di non usare il participio presente con valore verbale (per esempio, “avente” o “proponente”), il futuro deontico (che esprime un obbligo) ed il “si” enciclico, cioè aggiunto alla fine del verbo (“conclusosi”, “resosi necessario”). E’ bene, inoltre, che la lunghezza del periodo non superi le 40 parole, che gli incisi siano ridotti al minimo, che si eviti l’uso delle perifrasi così come le sequenze di più di quattro complementi indiretti.
La norma esamina, poi, una consuetudine ormai diffusa in tutte le comunicazioni, cioè il fenomeno della “nominalizzazione”, che consiste nell’utilizzare dei sostantivi anche quando esiste un verbo corrispondente di uguale significato. E così, invece di usare termini come “considerazione” o “attribuzione”, si potrebbe scrivere “si considera” o “si attribuisce” facilitando la comprensione. Sul piano lessicale, la norma vieta l’uso di parole e locuzioni ormai obsolete. Alcuni esempi? Predetto, laddove, atteso che, riscontro, apporre: espressioni che possono essere sostituite rispettivamente con “questo, quello, tale”, “qualora”, “poichè”, “risposta”, “mettere”. Ancora, locuzioni come “mancato accoglimento”, “in data odierna”, “entro e non oltre” dovrebbero essere bandite dalla comunicazione scritta, privilegiando espressioni semplici e immediate come “rifiuto”, “oggi”, “entro”. La norma raccomanda, infine, di cancellare gli aggettivi e gli avverbi inutili o stereotipati, come “apposito modulo”, “competenti autorità”, “debitamente firmato”, “completamente gratuito”: in tutti questi casi aggettivi e avverbi sono ripetitivi e superflui.
Insomma, con la norma UNI la comunicazione moderna, chiara ed efficace è davvero a portata “di penna”.
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