Da solo vale oltre il 30% del Pil italiano e, nel 2019, ha prodotto un valore di 585 miliardi di euro. «L’export di beni e servizi è uno dei punti di forza del sistema economico italiano: secondo Istat coinvolge oltre 130 mila operatori italiani e, solo nell’ultimo anno, ha portato a un avanzo di bilancio commerciale di 52,9 miliardi di euro. Per questo puntare all’internazionalizzazione delle tante PMI che caratterizzano il nostro ecosistema imprenditoriale è un obiettivo strategico per rilanciare la nostra economia dopo il Covid-19», così Ernesto Lanzillo, Private Leader di Deloitte Italia, commenta i dati dell’Annuario statistico “Commercio estero e attività internazionali delle imprese”presentati oggi da ISTAT e ICE.
«Per tornare ai livelli di export del 2019, secondo l’analisi di ISTAT-ICE, ci vorranno due anni. Un tempo ragionevole, se si considera l’impatto senza precedenti del nuovo Coronavirus sull’economia mondiale», spiega Lanzillo. «C’è motivo per essere ottimisti, perché, nonostante questa battuta d’arresto, dai dati emerge chiaramente che le imprese italiane hanno un potenziale di crescita molto significativo sia nei Paesi in cui hanno rapporti commerciali consolidati (Usa, Ue), sia nei mercati emergenti dell’Asia». I dati congiunturali di maggio 2020, infatti, segnalano che la ripresa è iniziata: l’export segna un +35,8% e l’import un +5,6% – una netta ripresa dovuta ai forti aumenti registrati nelle vendite sia verso i mercati Ue (+33,7%) che extra-Ue (+36,5%).
«In questa fase difficile alcune imprese sono riuscite a fare di necessità virtù: sono passate al digitale e sono riuscite a ritagliarsi fette di mercato internazionale tramite l’e-commerce», commenta Eugenio Puddu, Consumer Products Leader di Deloitte Italia. «L’ICE da tempo segnala un trend di crescita degli e-consumer dall’estero: solo nell’ultimo anno c’è stato un +9% degli acquirenti on-line nel mondo. Ad oggi, quindi, si stima una platea totale di 1,45 miliardi di potenziali clienti che le nostre imprese possono sempre più facilmente raggiungere investendo sulla digitalizzazione dei propri canali di vendita. Un’occasione che non possiamo perdere», conclude Puddu.
«Ma non bisogna abbassare la guardia: secondo Istat il fatturato è diminuito nel 71,5% delle imprese e solo il 32,5% delle imprese ha dichiarato di avere potuto operare durante le varie fasi di lockdown. Questo vuol dire che molte aziende non erano pronte ad affrontare una crisi del genere», prosegue Puddu. «È quindi arrivato il momento di implementare una strategia di risposta alla crisi. Esattamente quello che, già da tempo, abbiamo proposto ai nostri clienti con il Recovery Playbook. Pensata come strategia comprensiva di tutti i fondamentali, il nostro Recovery Playbook si basa su sei pilastri: risanare il fatturato; aumentare i margini operativi; ottimizzare asset, passività e liquidità; accelerare la digitalizzazione; aggiornare l’organizzazione del lavoro; gestire le aspettative degli stakeholder. Sebbene i piccoli e medi imprenditori abbiano dimostrato capacità di reazione ed adattamento uniche nella fase di picco pandemico, avranno bisogno di supporto da parte del sistema paese con azioni di finanza strutturale per il sostegno al rilancio delle attività sul mercato internazionale e nazionale, affinando competenze digitali ed organizzative per le quali sono opportune azioni di formazione e supporto strutturate da parte di tutti gli interlocutori di sistema».