Indennità speciali, premi produzione, generosi scatti pensionistici, benefit di lusso: sono solo alcuni dei “diritti” di cui godono in Italia impiegati, funzionari e soprattutto dirigenti pubblici. Diritti che continuano a ottenere alle spalle dei contribuenti, incrementando ogni anno la spesa pubblica. Se ne parla tanto, e tutti sanno che si tratta di una classe ingiustamente privilegiata, in cui regnano le raccomandazioni e l’assenteismo. Ma a che punto è la guerra ai fannulloni? Al punto di partenza! Almeno a leggere i tantissimi benefit che i dipendenti pubblici hanno acquisito e ancora continuano ad acquisire. ‘Fannulloni L’Italia che non lavora Il Paese dei furbi: tutti i privilegi dei dipendenti pubblici a spese dei contribuenti’ (New Compton Editori, 186 pagg. euro 9.90) del giornalista David Perluigi , collaboratore de Il Fatto Quotidiano, L’Espresso, e consulente delle trasmissioni di La7 ‘Exit’ ed ‘Effetto Domino’, è una inchiesta dettagliata e documentata su questo argomento che ci accompagna in uno scioccante viaggio nel paradiso degli enti pubblici, esenti da qualsiasi controllo e sanzione disciplinare, e ci dimostra che l’abuso e la deregolamentazione non solo sono tollerati, ma sono diventati ormai la norma.
David, il titolo del suo libro si commenta da solo: più fannulloni o più nullafacenti funestano il panorama della pubblica amministrazione?
“Fino a che gli enti pubblici non daranno dati certi, attendibili, sulla produttività degli uffici pubblici è difficile credere che in questi due anni la cura Brunetta abbia prodotto risultati seri”.
Il suo esauriente ‘bestiario’ raccoglie in un colpo solo tutti i privilegi dei dipendenti pubblici a spese dei contribuenti: ma la ‘cura Brunetta’ non doveva estirparli tutti?
“Il ministro è riuscito ad abbassare del 35 le assenze per malattia, ma la sua azione si concentra sugli enti pubblici centrali, i ministeri tanto per intenderci, la metà dei dipendenti pubblici lavora negli uffici pubblici locali, asl, comuni, regioni e province, ecco lì non si sono mai visti, ad esempio, i famigerati tornelli e l’azione repressiva all’assenteismo è ancora molto blanda o inesistente”
Gli ‘orrori’ di una classe ingiustamente privilegiata pesano come un macigno sulle casse dello Stato: questo generalizzato tasso di impunità a cosa è dovuto?
“Alla dirigenza in primis, che non ha mai avuto obblighi, primo fra tutti quello di non timbrare il cartellino. I dirigenti sono messi lì dalla politica che ha usato e usa la Pubblica amministrazione ancora come una fucina di voti. Noi spendiamo 60 miliardi di euro in più rispetto ai tedeschi per la P.A. questo perché l’esubero di personale in ogni ente è altissimo. Saranno tagliati 300mila impiegati entro il 2013 ma altri 100mila sono in attesa di entrare perché hanno vinto i concorsi e poi ci sono 300mila precari in attesa, dunque il numero non è che destinato a salire”.
Recentemente i Nas di Taranto hanno arrestato 26 dipendenti della Asl di Brindisi, accusati di truffa aggravata al Servizio Sanitario Nazionale: possibile che niente è da salvare in questo Paese?
“Brunetta ci prova ma ha contro i sindacati e anche una buona parte del suo schieramento politico che non vuole rinunciare ai voti dei dipendenti pubblici. Faccio un esempio, i dipendenti comunali di Roma usufruiscono di una festività in più, solo loro, il Natale di Roma del 21 aprile, quando Veltroni era sindaco provò ad abolirla, non ci riuscì, ma i sindacati, storicamente a sinistra, fecero comunicati di fuoco contro di lui e così insediatosi Alemanno l’abolizione dell’odiosa festitività si è andata a far benedire con grande gioia delle sigle sindacali. E i dipendenti comunali romani sono poco meno di 30mila, un bacino di voti enorme”.
Ritiene che il quadro di una Italia furbetta si inserisca bene nella cornice di un Paese disinvolto, abituato da sempre a una mentalità malandrina, difficile da sdoganare?
“Prezzolini diceva che ‘il furbo è sempre in un posto che si è meritato non per le sue capacità, ma per la sua abilità a fingere di averle’. Questo nella Pubblica amministrazione accade sempre. E i servizi resi sono sotto l’occhio di tutti. I confronti impietosi tra mezzi pubblici romani e quelli madrileni fatti in questi giorni dalla stampa, sono una prova calzante”
Lei fa differenze impressionanti fra un nord efficiente e laborioso, almeno sulla carta, e un sud impigrito e indolente che agogna il sempiterno ‘posto fisso‘ soprattutto in Sicilia: è più grave la disoccupazione o il pericolo, piuttosto calcolato, di assumere perdigiorno?
“Il disoccupato è innocuo il perdigiorno è pericoloso, non si aggiorna quasi mai e rende un cattivo servizio alla comunità. Quanti danni hanno creato i medici di quell’Asl di Brindisi che risultavano al lavoro ma erano in servizio presso cliniche o ambulatori privati? Enormi, liste di attesa infinite per esami vitali per gli utenti”.
Eppure, si legge che è proprio nel Centro, epicentro Roma, che si annidano i casi estremi di finti concorsi, di fulminei dirigenti, pensioni di platino, benefit surreali, stellette abusive: è corretto affidare la palma della pacchia, per esempio, alla Farnesina?
“No la Farnesina è solo un esempio, ma posso dire che ci sono 40mila militari in esubero dopo la fine della naja obbligatoria, 33 mila di questi sono marescialli che devono essere ricollocati in altri enti, di questo nessuno si preoccupa, sarà molto difficile trovare loro un posto in enti che sono già in esubero”.
L’11 settembre 2009 il ministro Brunetta si è scagliato contro una particolare categoria: gli enti lirici definiti parassiti, i finti scenografi, i finti orchestrali: perché tanto accanimento nel settore cultura?
“Da una parte perché è un settore, la cultura, caro alla sinistra dall’altra perché oltre il 60% delle risorse destinate agli enti lirici finiscono per pagare gli stipendi del personale che nei decenni scorsi sono stati veri e propri uffici di collocamento. A Catania, al teatro lirico regionale, il Bellini, ci sono 4 giardinieri assunti ma non c’è neanche un aiuola nel teatro”
L’Italia divisa in due: da una parte i dipendenti pubblici con le loro sicurezze, dall’altro l’incertezza dei giovani abbandonati alla loro sorte: in che modo il pubblico impiego andrebbe riformato?
“Bisogna trovare le risorse per tagliare i rami inutili degli enti e riformare il management pubblico. Guardate la Rai, va avanti grazie ai tanti giovani che sono a partita Iva, se non ci fossero loro probabilmente la metà dei programmi non potrebbe andare in onda. Questo perché devono supplire ai costi altissimi del personale a tempo indeterminato che conserva privilegi odiosi: indennità, diaria, telefonini pagati, i precari non hanno straordinari e non hanno ammortizzatori”.
Fonte: CertineWs/MD