In particolare, rileva l’economista, il collasso delle centrali obsolete ha di fatto rallentato lo sviluppo del nucleare riorientando i mercati verso il petrolio il cui prezzo, in tal modo, ha ricominciato a crescere. «L’imprevedibilità dei fenomeni naturali – si legge sull’Osservatore romano – condiziona spesso le scelte degli uomini, apparentemente sicuri di se stessi e delle loro capacità previsionali. Lo tsunami che ha provocato la sciagura nucleare della centrale giapponese di Fukushima ha innescato una spirale di fatti economici che è opportuno comprendere nella loro sequenza». «Fino a ieri – afferma il quotidiano della Santa Sede – il nucleare, in prospettiva, rappresentava la risorsa energetica su cui tutto il mondo contava per soddisfare gran parte del suo fabbisogno. L’incidente giapponese ha richiamato a maggiore prudenza, provocando la chiusura delle centrali vecchie e obsolete e il blocco dell’apertura di nuovi impianti. Ciò sta avvenendo nel mondo occidentale, così come nei Paesi emergenti più industrializzati».
«Il petrolio – prosegue l’articolo dell’Osservatore romano – è quindi tornato a essere la fonte energetica principale. Così anche il suo prezzo ha ricominciato subito a crescere, sia per la domanda dovuta all’accumulo di riserve, sia per fenomeni speculativi. Le conseguenze nei Paesi occidentali – che sono consumatori ma non produttori – stanno nell’aumento dei prezzi dei carburanti e del costo della bolletta energetica. Realtà che colpiscono il potere di acquisto e i consumi, rendendo più concreto il rischio di stagnazione e di inflazione». E ancora, «nei Paesi orientali emergenti e industrializzati, si corre invece il rischio di un rallentamento della crescita economica e del suo consolidamento. Basti pensare che la Cina è il primo importatore al mondo di petrolio». «La speculazione ha aggravato la situazione, estendendo le sue manovre dalle materie prime energetiche a quelle alimentari, generando così una vera emergenza nei Paesi più poveri. In molti di questi – come quelli nordafricani – ricchi di materie prime ma con una ricchezza concentrata e non distribuita, si sono create tensioni sociali e politiche, sfociate nelle rivolte di queste settimane. Che a loro volta -conclude l’Osservatore romano- hanno inciso sui flussi migratori in maniera sensibile». (Fonte CertineWs)