Nel rogo divampato il 6 dicembre 2007 nell’acciaieria di Torino hanno perso la vita sette operai ed il quadro delineato dall’accusa circa le omissioni datoriali in tema di sicurezza lascia interdetti: sistemi di rilevazione incendi assenti, estintori vuoti o malfunzionanti, carenza di manutenzione, e, soprattutto, consapevole e colpevole dirottamento di risorse da investire nella sicurezza dell’impianto, poichè la linea 5 su cui ebbe luogo il rogo doveva essere dismessa dallo stabilimento torinese.
L’unicità della sentenza sta nel fatto che la condotta sia avvenuta individuando quale elemento psicologico del reato il “dolo eventuale” piuttosto che la “colpa”.
L’amministratore delegato della società è stato riconosciuto colpevole non per non aver osservato le norme in materia di sicurezza, ma per aver consapevolmente accettato le conseguenze a cui dette omissioni avrebbero potuto portare: purtroppo, la morte di sette operai.
Il caso è limite, gravissimo, che deve restare unico ma, ovviamente, non si può non insistere affinché tutti datori di lavoro entrino nell’ottica che la sicurezza in senso progettuale, così come prevista dalla vigente normativa, non può essere vista come un costo ma, piuttosto, come il primo ineludibile tassello su cui costruire l’attività di impresa. In tal senso, sebbene già presenti, andrebbero incentivate le misure premiali per le aziende che dimostrino, non solo di adempiere agli obblighi legali in tema di sicurezza, ma che sviluppino progetti in tal senso e diano prova (ad esempio con l’assenza di infortuni per considerevoli lassi di tempo) degli effettivi risultati legati al proprio impegno. (f.to avv. R. Tigre)