Un secondo aspetto che mi sento di portare all’attenzione è il falso mito della qualità “esempio” percepita dai grandi Brand internazionali. E’ molto spesso proprio lì dove le capacità sono maggiori che vediamo spostamenti a maggior fatica. La percezione allora della qualità nei nano-micro imprenditori Italiani, spesso e volentieri conto-terzisti di quei Brand, decade letteralmente a livelli sotto zero. Riuscendo a capitalizzare il valore, l’innovazione, la ricerca e lo sviluppo si vanno ridefinendo anche i mercati di quei super Brands. L’arena globale, la diligenza dei consumatori, la crisi finanziaria già prevista sin dal 2003-2004 è stata generata da un duplice aspetto in specie presente nel mercato Nord Americano: la cattiva diligenza del consumatore e la tendenza speculativa leverata da una distorta applicazione dell’idea di libertà. La valutazione dei rischi di quelle operazioni e seppur di difficile valutazione o applicazione erano tuttavia, già disponibili. Per essere chiari, una delle componenti da ricercare per una soluzione è che il prodotto sia consumato in modo sempre più diligente; il Made in Italy potrà quindi essere difeso efficacemente se accanto ad aspetti normativi sarà possibile capitalizzare le nostre migliorate conoscenze verso consumi più intelligenti. Un obiettivo che la qualità intesa ora come sistema a supporto del Management, è amaro dire, ha fallito a generare negli ultimi 20 anni.