minuti ma creano degrado e sporcizia per anni. Costa poco produrli e/o importarli dai paesi asiatici, mentre il costo per raccoglierli, smaltirli o riciclarli è assai consistente. Il primo dei problemi legato ai sacchetti è l’enorme quantità prodotta e consumata mentre solo l’1% dei sacchetti di plastica viene riciclato a livello mondiale. Riciclarli, purtroppo, costa più che produrli. Sulla base dei sistemi e dei costi di recupero e riciclo statunitensi riciclare una tonnellata di sacchetti di plastica costa 4.000 dollari; una tonnellata di sacchetti da materia prima vergine costa sul mercato delle commodities, 32 dollari. Quanto ai danni all’ambiente, i sacchetti di plastica sono aerodinamici, basta poco vento per trasportarli e disperderli nell’ambiente, nei fiumi, laghi, mari e sul territorio. Si frantumano in minuscoli pezzi ma non si distruggono e, a volte, formano vere e proprie ‘isole’ come a 800 miglia a nord delle Hawaii, nell’Oceano Pacifico, il cosiddetto Pacific Vortex, con un estensione che varia a seconda delle stime tra i 700mila e i 10 milioni di Km2 e con un peso stimato di 3 milioni di tonnellate. Concentrazioni variabili di plastica si trovano anche nel Mediterraneo e sulle sponde dei mari italiani. Il divieto di commercializzazione dei sacchetti di plastica scatterà il 31 dicembre 2010, ma è già stato prorogato una volta e si teme quasi sicuramente un nuovo slittamento. La messa al bando definitiva sarebbe già dovuta scattare dal primo gennaio 2010 ed è stata rimandata di un anno. Sarebbe importante che fossero proprio i cittadini a mandare alle amministrazioni il segnale chiaro di essere disposti a fare completamente a meno dei sacchetti usa e getta, come pure alle aziende della grande distribuzione e ai produttori di sacchetti. Il presidente di Legambiente Lombardia, Damiano Di Simine, ha ricordato che la battaglia all’abolizione dei sacchetti, non è una battaglia contro la plastica, che è un materiale carico di valore, tecnologia e innovazione. L’obiettivo della lotta è dare avvio a un’inversione di tendenza nei confronti della cosiddetta “cultura dell’usa e getta”. Se ci fosse una vera svolta, indubbiamente anche l’economia stessa assumerebbe un nuovo corso. (Fonte CertineWs)