Lo ha sancito Il Tribunale di primo grado Ue annullando le decisioni della Commissione concernenti i piani nazionali di assegnazione di quote polacco ed estone. E’ una sentenza che scardina il principio su cui si fonda l’azione comunitaria. Due anni fa la Commissione Ue giudicò i piani nazionali polacco ed estone di riduzione delle emissioni di Co2 incompatibili con i criteri della direttiva europea e decise che occorreva ridurre rispettivamente del 26,7% 1 e del 47,8% le quantità totali annue di quote di emissione rispetto a quelle che i due Stati membri proponevano di emettere. Avanzando dei dubbi circa l’attendibilità dei dati sui quali si sono fondate l’Estonia e la Polonia, la Commissione è incorsa in un errore di diritto. Spetta infatti a ciascuno Stato membro e non alla Commissione decidere circa la quantità totale di quote che intende assegnare per il periodo di cui trattasi e dare corso al procedimento di attribuzione di tali quote al gestore di ciascun impianto, nonché statuire sull’assegnazione delle dette quote. La Commissione Ue ha accolto con delusione la sentenza e probabilmente farà ricorso. Proprio sul potere comunitario di usare una sola metodologia per valutare i piani nazionali di riduzione delle emissioni di Co2 si fonda l’intera azione comunitaria per fronteggiare il cambiamento climatico. La sentenza, se confermata, avrebbe con ogni probabilità effetti diretti sul sistema di scambio di emissione delle quote e sulla stessa Borsa dei diritti a inquinare: tetti di emissione più bassi hanno finora permesso di mantenere i prezzi dei diritti stabili per tonnellata di Co2. (Fonte Il Sole 24 ore)