Infatti la certificazione energetica di un edificio – espressa con valutazioni che vanno da A+ a G a scendere da una alta ad una scarsa efficienza – è richiesta in caso di compravendita, in edifici di nuova costruzione o nel caso degli interventi che possono ricadere nella detrazione fiscale del 55%, ma le modalità con le quali ottenerla variano sul territorio nazionale. A partire dal 1° luglio 2009, la normativa vigente prevede l’obbligo per il venditore di possedere l’attestato di Certificazione energetica, da esibire al futuro acquirente, prima dell’effettuazione della compravendita immobiliare. Questo attestato è un documento emesso a seguito di verifica delle prestazioni energetiche di una o più unità immobiliari, secondo la classe che va da A a G e che dovrebbe essere certificata da soggetti abilitato ed iscritto all’Albo Professionale o all’Albo Nazionale dei Certificatori; ha una validità massima di dieci anni e deve essere aggiornato ogni qual volta si introducano elementi di ristrutturazione. Le norme generali previste dalla normativa nazionale non valgono poi in regioni quali Emilia Romagna, Lombardia, Liguria, Piemonte e provincia autonoma di Bolzano che avevano già varato le proprie norme e che a quelle si attengono, così come non è sempre obbligatorio allegare in caso di compravendita, la certificazione: se poi l’edificio è “fatiscente” sotto il profilo dell’efficienza energetica, decade anche l’obbligo della certificazione. Lo stato delle cose ingenera alcuni dubbi nel consumatore finale, malgrado sia fuori discussione per tutti la convenienza della certificazione energetica. (Fonte CertineWs)